“Nel quinto secolo dopo Cristo una donna fu assassinata. Non sappiamo molto di lei se non che era bella e che era una filosofa. Sappiamo che fu spogliata nuda e che fu dilaniata con cocci aguzzi. Che le furono cavati gli occhi. Che i resti del suo corpo furono sparsi per la città e dati alle fiamme. E che a fare tutto questo furono dei fanatici cristiani...
Sappiamo che era da ogni punto di vista un'aristocratica. Sappiamo che il suo assassinio fu uno scandalo la cui eco non si è mai spenta in quindici secoli, anche se è stato soffocato dalla chiesa, quella dei papi. E anche per questo è diventata una bandiera di laicità. Ma cosa veramente sia questa bandiera, non è chiaro”.
(Silvia Ronchey “Ipazia” -la vera storia- Introduzione)
“Come mai non la conosci e non te ne sei mai occupata?”
“Posso averla sentita nominare in momenti in cui non ero interessata ad occuparmene”.
Di me, Marvi, un'amica d'infanzia, ama il modo con cui mi accaloro quando fatti o discorsi portano a sfiorare il tema “la donna nella chiesa”.
Dopo la scoperta di quel tratto di ignoranza abissale mi feci un obbligo di accaparrarmi il maggior numero possibile di libri dedicati a Ipazia. Ce ne sono di tutte le qualità: alcuni dopo un'accurata ricostruzione storico-culturale, raccontano l'avventura dell'erede più accreditata della scuola alessandrina (370-415 d.C.), negli aspetti pratici quotidiani, scientifici e politici .
Altri,vedendo in lei il la studiosa che realizzò l'astrolabio, l'idroscopio e l'aerometro si chiedono come potrebbe essere il mondo oggi e con quanti secoli di anticipo avremmo conseguito le conquiste moderne se persone come Ipazia fossero state lasciate libere di esprimersi e di agire.
Ci sono anche quelli che trovando la raccolta dei dati storici troppo striminzita, davanti alla dovizia dei meriti riconosciuti poi universalmente, danno ad Ipazia una voce narrante in cui lei stessa parla dei suoi sogni, delle sue ricerche e della sapienza di cui era ereditaria. Un sapere millenario che, dopo il crollo del mondo ellenistico e il trionfo del cristianesimo, è rimasto sepolto per secoli, fino al nascere della scienza moderna.
“Le storie di Ipazia, essenzialmente molto vere anche se romanzate, insegnano ancora oggi quale e quanto pervicace possa essere l'odio per la ragione e il disprezzo per la scienza”. Io mi permetterei di aggiungere all'affermazione di Margherita Hack una riflessione sul modo in cui è interpretato il ruolo della donna in società dalla cultura elevata come quella ellenistica o in quella altamente progredita dell'inizio del terzo millennio, come la nostra.
Dalle testimonianze storiche della vita di Ipazia emergono quelle di un cristiano suo contemporaneo, Socrate Scolastico: “Dall'educazione ellenica, egli scrive, le derivarono un autocontrollo e una franchezza nel parlare che le permettevano di affrontare faccia a faccia, con la stessa imperturbabilità, anche i potenti.
“Tacciano le donne in assemblea” si legge nella Prima lettera ai corinzi di san Paolo. Ma lei, continua ammirato il cristiano Socrate, non aveva paura di apparire alle riunioni degli uomini: per la sua straordinaria saggezza, tutti i maschi le erano deferenti e la guardavano, se mai, con stupore e timore reverenziale”.
Nel V° sec. d.C., durante la fase di trapasso dal paganesimo al cristianesimo il ruolo del filosofo e quello del vescovo nell'Egitto cristiano vengono a sovrapporsi. “Che cosa fa il vescovo, si chiede il cristiano Socrate se non cercare di eliminare il filosofo? Ftonos personificato si levò in armi contro Ipazia”.
La parola “Ftonos” in greco indica una “malizia” che si esprime in gelosia dell'eccellenza altrui, che si tratti di ricchezza o di successo o di generica fortuna. Il termine è usato dal cristiano Socrate nella sua personificazione come appare nella poesia ellenistica e bizantina e incarna una gelosia viscerale, associata a volte alla passione amorosa e soprattutto a quella passione parallela che è l'odio.
Si trattava di un sentimento collettivo proprio dei cristiani più oltranzisti verso i pagani, percepito da tutte le fonti e costituiva quel “geloso zelo” che sarà la causa della morte non solo di Ipazia.
Nel Settecento ,Diderot, attraverso studi sulle fonti storiche, attribuisce alla persona del vescovo di Alessandria, Cirillo ,e non in generale ai cristiani lo Ftonos, il misto di invidia e gelosia che decreta la morte di Ipazia.
“E' l'invidia per l' eccezionale sapienza e l'eccezionale favore che Ipazia gode presso Oreste, il prefetto dell'imperatore a spingere il vescovo Cirillo a farla uccidere”. E la spinta iniziale è del tutto banale.
“Accadde al vescovo Cirillo di vedere, mentre passava davanti alla casa di Ipazia, una gran folla di uomini e cavalli che entravano, uscivano e sostavano in attesa.
Avendo domandato cosa mai fosse tutta quella gente e il perchè di tutto l'andirivieni, si sentì dire che era il giorno in cui Ipazia riceveva in quella casa che era la sua. Saputo ciò, Cirillo si sentì mordere l'anima: fu per questo motivo che in tutta fretta organizzò l'assassinio di lei, il più empio di tutti gli assassini”.
“Una moltitudine di uomini imbestialiti piombò improvvisamente addosso a Ipazia un giorno mentre stava ritornando a casa da una delle sue pubbliche apparizioni. “Fu tirata giù dalla carrozza e trascinata nel Cesareo, da poco trasformato in chiesa cristiana. Qui la massacrarono. E mentre respirava ancora un po' le cavarono gli occhi”.
Che cosa ha offerto di sé l'immaginario collettivo femminile nell'orchestrare la morte di Ipazia e di quanto la morte di Ipazia ha solennizzato l'immaginario femminile?
Sinceramente io lo ho sentito pesare, ogni volta che una persona faceva valere in mia presenza il suo orgoglio di appartenenza alla chiesa. Lo sentivo come una partecipazione di potere, un'immedesimazione con la grandeur, una sostituzione di Cristo non solo come Gesù di Nazaret, anche come Figlio di Dio, come ogni singolo uomo povero, debole, solo, emarginato, esasperato, esausto.
L'immaginario femminile ha istillato l'odio per Ipazia-donna, sprezzante del posto di subordinata all'uomo. Indomita nel difendere la parte migliore di sé la sua intelligenza, il bisogno di arricchirla, la sua libertà di essere, di pensare, di amare, di credere, di agire, di volere.
E l'immaginario femminile? Una radicalità nuova. La donna va punita per il suo essere semplicemente donna, per avere idee che valgono, che possono mettere l'uomo in situazioni d'imbarazzo, perchè curando l'intelligenza, creando progetti trascura di adorare l'uomo il suo uomo: che è ciò che conta.
A me è successo di sentirmi del tutto estranea all'immaginario femminile: per il fatto che sono gli altri a crearcelo ed è un impegno da cui dovremmo sollevarli. E' andata così.
L'immaginario femminile o l'invenzione donna (anche da parte della chiesa, come si è incominciato a sottolineare)mi arrivava dal di fuori in modo pesante come ho già detto. In un'occasione particolare, non l'ho lasciato entrare. E' stato semplice. Mi imbarazzava parecchio tirandomi fuori. Resto dentro! decisi. E qui se sento qualcuno gloriarsi perchè la sua religione...la sua chiesa...la sua verità, la sua politica... è l'unica vera... sto zitta e attendo. Proprio dentro di noi a volte le cose maturano una connotazione giusta.
La chiesa non è un misto di tante cose, è quella di Gesù programmata chiaramente durante l'ultima cena, inaugurata il giorno di pentecoste.
Conoscere Ipazia mi è piaciuto. E' rimasta pagana, ma nella sua intelligente trasparenza e genialità compresa, si è lasciata trasferire in toto in una santa cristiana cattolica: Caterina d'Alessandria. Naturalmente.